E’ una fresca mattina d’autunno quella che ci accoglie: vedo con piacere che ci sono molti volti nuovi. Le selezioni deve averle fatte un uomo perché la maggior parte sono donne!
Scambio qualche chiacchiera e presentazioni e mi metto in macchina con papà e Annaclaudia.
La “location” di oggi è NORCHIA e l’abbiamo decisa con papà quest’estate al mare: è a mio avviso la necropoli rupestre più spettacolare che gli Etruschi ci hanno lasciato.
Mi fa pensare ad una bella donna avanti con gli anni ma ancora piena di fascino; a quei tempi doveva essere un capolavoro di colori ed architettura.
Ho letto molti libri sugli Etruschi, ma ho imparato che per conoscerli bisogna anche “ frequentarli”: visitando questi luoghi si capiscono tante cose. Mi infastidisce molto sfogliare i libri scolastici di storia e trovare 4 pagine per gli Etruschi e 20 per i Romani, consapevole del fatto che i Romani andavano a scuola dagli Etruschi per vari motivi: agronomia, idraulica, religione e astronomia. Poi improvvisamente l’alunno si ribella al maestro, come nelle migliori famiglie e tutto cambia.
Quello che provo per questa civiltà dimenticata è un amore incompreso ( anche da me ..) sono attratta da questi luoghi inspiegabilmente e provo un gran benessere, anche se in fondo si tratta sempre di necropoli, ovvero cimiteri.
Forse è meglio tornare all’escursione.
Arrivati al parcheggio di Norchia ( tra Monteromano e Vetralla ), prendiamo un sentiero basolato che ci porta sopra alla necropoli e lì inizia l’avventura: occorre usare braccia e “ lato B “ per scendere lungo le antiche gradinate che ci portano alla base.
Avvolte dalla vegetazione troviamo le tipiche tombe a tre piani che rappresentavano il cielo, la terra e gli inferi: nella parte più alta ( il cielo ) si effettuava la cerimonia funebre, nella parte centrale ( la terra ) era scolpita una finta porta a rappresentare la casa e nella parte inferiore ( inferi ) si trovava la tomba vera e propria, dove veniva deposto il corpo del defunto.
Durante la cerimonia funebre si danzava, si facevano corse di bighe e gare di lottatori: dei prigionieri incappucciati armati solo di un bastone lottavano contro feroci mastini, mi ricorda vagamente qualcosa…
Naturalmente la ricchezza della famiglia faceva la differenza, anche se per tutti, i defunti assumevano il ruolo di divinità, in grado di proteggere e guidare i propri cari.
Scendiamo fino al sentiero per poter ammirare la facciata delle prime tombe: qualcuno mi fa notare che sono ancora diverse dalle altre che abbiamo visitato in altre escursioni; è la prova che ogni città era uno stato a parte anche nell’architettura, come le tombe con colonne di tipo ellenico che ci riportano alla presenza Greca dell’ultimo periodo.
Ci spostiamo lungo un sentiero in mezzo ai rovi e comincio a sentire le prime confessioni: il bello del camminare è anche questo, svuotare “ lo zaino del superfluo”, liberarsi dei pesi magari con qualcuno che conosci appena, ma che ha condiviso con te qualcosa di simile.
La terapia “Castellina” funziona sempre: alcuni si sfogano, altri adottano il silenzio altra forma di liberazione. Io opto per la seconda, parlo già abbastanza..
Dopo una salita “crepacuore” ci fermiamo sulla cima della castellina, la tipica “fetta di torta” di terra tra due fiumi in cui gli Etruschi costruivano i propri abitati.
Papà ( il capo ) oggi è un po’ fiacco: si dimentica che i settantenni non fanno certe cose, ma stanno sulla panchina con la Provincia a lamentarsi..; l’escursione di oggi comunque è molto faticosa e metterà a dura prova le nostre gambe, figuriamoci le sue.
L’abitato è scomparso, considerando che le tecniche di costruzione per le case prevedevano legno, argilla e pietre nella migliore delle ipotesi, il meglio – infatti – era lasciato per l’eternità!
La vista è spettacolare e all’improvviso troviamo di fronte a noi la parete con le tombe che ora sembrano in posa per le foto; siamo anche circondati da tanti fiori gialli ( crocus ) che – come ci racconta il Capo – sono i fiori dello zafferano.
Un’altra salita e arriviamo al Castello medievale: apparteneva alla famiglia Di Vico, nel XIII sec. d.C. e fu distrutto da Papa Eugenio IV nel 1435.
Una grande quercia, qualche tavolo e la Pieve di S. Pietro alle spalle ( XII sec. d.C.) sono la cornice ideale per la pausa del pranzo: dopo i panini di rito, com’è nostra abitudine tiriamo fuori i dolci che uniti al Morellino di Scansano, allo spumante e al caffè completano un ottimo pasto.
E come il dolce
chiude il pranzo lasciamo il meglio per il pomeriggio: il guado e la Cava Buia.
Il fiume da attraversare è il Biedano, abbastanza in forma per essere fine estate e visto che dopo la tagliata etrusca, si ripassa da qui molti decidono di non venire.
Attraversiamo il fiume in una quindicina – quasi tutte donne – e i sassi per passare non ci sono, così decidiamo di toglierci calze e scarpe e guadare.. alcuni dei nuovi rimangono senza parole, altri incoscienti mi seguono sull’altra sponda.
È elettrizzante sentire il ruscello gelato sotto i piedi.. e le facce sorridenti intorno a me lo confermano.
La Cava Buia non si può perdere, è uno spettacolo della natura che l’uomo ha creato 2700 anni fa se non di più.
Accettato il fatto che il gruppo non ci segue, compreso papà, cerchiamo l’accesso per la tagliata: in queste zone la vegetazione aumenta di stagione in stagione, senza poter contare su sentieri e cartelli e proseguiamo prendendo come riferimento soltanto il fiume e la chiesa sopra di noi. Sono veramente pochi quelli che riescono a girare in queste zone, infatti da lì in poi non incontriamo più nessuno.
Dopo vari tentativi in mezzo alla fitta vegetazione troviamo l’accesso alla tagliata, la roccia scavata ed erosa ci accoglie come un grande abbraccio; lentamente la strada – la Clodia – si restringe e si fa più complicata: un tratto è completamente allagato e dobbiamo calarci dall’altro, senza corde, soltanto con l’aiuto del nostro “ lato b “. Finalmente siamo all’interno, la cava è larga appena un paio di metri e le pareti laterali arrivano a 6/7 metri di altezza. Rimaniamo tutti incantati e cominciamo a percorrerla.
In epoca Etrusca era pavimentata in legno, sia per rendere più agevole il passaggio dei carri, sia per non venire a contatto con l’acqua stagnate del fondo scavato, con il rischio della malaria. Sono state fatte varie ipotesi riguardo a questi labirinti scavati nella roccia: ritengo improbabile che siano state costruite solo per accorciare il percorso o per difesa; è un lavoro immane, difficile da realizzare anche al giorno d’oggi, figuriamoci a mano 2700 anni fa..
Credo che un’opera ciclopica come questa debba avere un significato più profondo, magari legato al culto della Madre Terra o a qualcosa di fortemente religioso.
Torniamo alla cava .. e dopo averla percorsa quasi tutta – circa 200 mt. – siamo sbucati su un altopiano ed abbiamo cominciato a sentire in lontananza ( almeno credo ), dei forti spari: il tempo di capire che ci trovavamo nei pressi del poligono di tiro militare e decidiamo di rientrare per la stessa strada. Il problema però è stato risalire e questa volta il “lato B” è servito a poco.
Al fiume il gruppo è tornato indietro per un pezzo e non ha potuto assistere al volo in acqua di uno di noi…e quando ci rincontriamo, li travolgiamo con le nostre emozioni e i nostri racconti: ora siamo pronti per rientrare tutti insieme.
Papà non è in forma e questo mi fa lasciare questo posto con un po’ di malinconia, dovuta anche al fatto che tutti questi luoghi, questi splendidi musei a cielo aperto sopravvivono grazie alla passione di tanti come lui che nonostante tutto seguitano a cercare piste e strade senza cartelli.
A proposito di questo mi viene in mente qualcosa che ho letto di Robert Frost
… due vie si aprivano in un bosco
ed io presi la meno frequentata
e questo fu a cambiare tutto.
Grazie a tutti i cercatori di piste in campagna .. e nella vita!
Claudia Tisselli
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NORCHIA 9.10.2011 |
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NORCHIA 9.10.2011 R.Rossi |
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NORCHIA 9.10.2011 R.Gori |
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NORCHIA 9.10.2011 P.Sirchia |
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NORCHIA 9.10.2011 di A.TEGLIA |
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NORCHIA 9.10.2011 C.Saladini |
bella giornata..vissuta con la curiosita tipica di un bambino ..divertimento allo stato puro….
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