Le cronache di Ancarano – 12/12/2010

 

 

 

 

     Ci sono luoghi che possono essere visitati in tutte le stagioni ed altri che vanno assaporati con un tempo preciso.

Domenica 12 dicembre giornata molto fredda, cielo cupo e coperto, credo fosse il tempo ideale per visitare i Castelli dell’Ancarano.

 Siamo partiti alla volta di Monte Romano prima delle nove, ci siamo fermati per un caffè e per radunare tutto il gruppo.

Dopo aver lasciato le macchine, abbiamo preso una strada di terra battuta in mezzo a verdi campi. Al primo bivio abbiamo cominciato a scattare le prime foto: in lontananza c’è una torre medievale.

 Siamo nell’VIII sec. d.C.: Bizantini e Longobardi si contendono il territorio italiano. Questa zona è sotto il dominio Longobardo fino al 774, quando entrò a far parte del Patrimonio di S. Pietro – il futuro Stato Pontificio.

 La torre in questione è Longobarda e non è la sola nella zona. Riprendiamo il sentiero e visti i prati cominciano a spuntare le prime buste per la “ raccolta differenziata “: borragine o cicoria?

Il gruppo si allunga, ma la strada non ha deviazioni e non c’è il rischio di perdersi. Ci ritroviamo tutti – poco più avanti – di fronte ad un evento insolito: due fuoristrada incastrati nel fango di un piccolo ruscello e i commenti si sprecano…

E’ soltanto verso mezzogiorno che si intravedono i primi ruderi del sito di Ancarano: troviamo una costruzione lunga in nenfro ( un tufo grigio scuro ) con tracce di tufelli romani incastrati e dovrebbe trattarsi del Casale di Ancarano. Probabilmente è medievale con la riutilizzazione di materiali d’epoca precedente: forse era una stazione di posta o della dogana.

 Io e papà stiamo cercando da un po’ di tempo delle informazioni più approfondite su questa zona e mi sono ripromessa di pubblicare un articolo sull’argomento appena avremo più chiara da storia di questo angolo di territorio.

 Finalmente in lontananza – ad un centinaio di metri – vediamo i resti del Castellaccio di Ancarano: purtroppo sono rimaste in piedi solo alcune torri ma danno l’idea della potenza che poteva assumere sulla zona circostante, in epoca medievale.

Allungo lo sguardo e scopro con sorpresa, sull’altro lato del Marta un castello ricostruito  che domina la valle.E’ veramente sorprendente: i colori dell’autunno lo incorniciano perfettamente e mi trovo in un attimo… SOLA!

Il gruppo è sparito, il silenzio è totale forse ho fatto come Benigni a Frittole e tra poco mi tocca pagare un fiorino..

Giro intorno ai resti del Castellaccio e trovo il gruppo ad ammirare la vallata del Marta e il Castello di fronte, quello di Pian Fasciano: sorrido e mi unisco al gruppo. Per questa volta il fiorino non si paga!

Guardandomi intorno faccio fatica a pensare di essere nel Lazio: potrei essere tranquillamente nel Nord Europa.

 I due castelli – edificati probabilmente tra il X e il XII secolo – erano a guardia dell’importante via di comunicazione lungo il Marta e dei fertili pascoli circostanti. Non si conoscono bene le cause dell’abbandono e della distruzione, forse imputabili alle lotte tra i Vico e i Farnese, o addirittura ad un forte terremoto avvenuto nel 1349.

 Cerchiamo – a questo punto – un posto tranquillo per la sosta ed accendiamo il fuoco; mi trovo ad osservare i volti di chi è intorno alla fiamma con la salsiccia e lo spiedino in mano e noto che sembrano tornare bambini. Per qualche ora tutto il resto sparisce e delle volte fa così bene che si torna a casa più “ leggeri”.

Il freddo è pungente ed oltre al fuoco ci scaldiamo con il vin brulé che ha portato Patrizia, insieme al panettone: molti dei nuovi scoprono finalmente perché il suo zaino era così pesante.

Alla fine del pranzo organizziamo l’attività per il futuro e riprendiamo la strada. Comincia a scendere una pioggia finissima, molto fredda ma i sorrisi e le chiacchiere scaldano l’aria.

Guardando lungo il sentiero trovo all’improvviso delle conchiglie fossili, ne raccolgo un paio da portare ai figli e cerco di capire come siano giunte lì.

E siccome niente è per caso,  incontriamo a metà strada un signore in macchina che al nostro passaggio si ferma e scende per salutare uno dei nostri. Mi avvicino e mi riconosce: si ricorda di quando lavoravo. Scopriamo che è di Monte Romano ed è informato della storia di questa zona: ci racconta di resti di un elefante, che non abbiamo trovato ( mi spiego allora i fossili delle conchiglie ) e delle origini etrusche del nome Anchera o Ancara. Questo mi aiuta a proseguire le ricerche ed a cercare anche in altre direzioni.

Lo salutiamo, riprendiamo il cammino ed incontriamo un gregge molto numeroso, appena il tempo di immortalare un quadretto familiare con gli agnellini e ripartiamo.

Ripenso alla giornata trascorsa e mi convinco che un posto così bello – che ha visto il meglio negli anni bui del Medioevo – non poteva che essere visitato con un tempo simile: un po’ di nebbia e sarebbe stato perfetto!

E mentre sono quasi alla macchina, la mia fotocamera ha deciso di spegnersi: alzo lo sguardo e nel cielo è comparso uno splendido arcobaleno. Sorrido e salgo in macchina.

Niente è per caso “.

                                                                                                                 

                                                        Claudia Tisselli

 

 tutte le foto 

 

 

ANCARANO C. Saladini
ANCARANO foto R.Rossi 12.12.10
ANCARANO 12.12.2010

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