SAN GIOVENALE

 

              SAN GIOVENALE    3.10.2010

 

                   E’ l’alba di domenica, è una bella giornata e mentre preparo i panini ascolto distrattamente il mio oroscopo alla televisione: ” mediterete in un luogo incontaminato”. Sorrido all’idea, pensando che se saremo in molti, come penso, non sarà facile meditare anche se il luogo è veramente incontaminato.

Arrivo all’appuntamento e scopro, con piacere, che ci sono una quindicina di macchine: da un rapido calcolo siamo più di 50 e molti visi nuovi.

Un po’ di saluti ai vecchi soci, le presentazioni con gli altri e siamo tutti di nuovo in auto: durante il viaggio cerco di capire cosa spinge queste persone di domenica a fare una cosa del genere! Io ormai non me lo chiedo più.

La meta di oggi è l’antico insediamento di San Giovenale dove troveremo i resti di due abitati etruschi e diverse tombe, oltre ad un castello del XIII sec. d. C.

I primi scavi in questa zona risalgono alla fine del 1800, quando su sollecitazione del tarquiniese Odoardo Ruspoli, si rinvennero un migliaio di tombe; la Soprintendenza però non lo ritenne un motivo per far proseguire le ricerche.

Dobbiamo attendere il 1956 e Re Gustavo di Svezia che, con l’intervento dell’Istituto Svedese di Studi Classici riprese gli scavi, portando alla luce reperti che andavano dal Neolitico ( fino a 3000 a.C. ) fino al Medioevo( castello dei Di Vico XIII sec. a. C ).

 

A Monteromano ci fermiamo per il caffè e poi ci dirigiamo verso Civitella Cesi, presso il Centro Archeologico Antiquitates. Papà ( Mauro Tisselli ) conosce il proprietario da anni e proprio qui una ventina di anni fa ho visto, per la prima volta, una capanna appenninica ( o villanoviana ). Ora ce ne sono tante, utilizzate anche come residence per ospitare le scuole e giovani alla riscoperta del passato.

La capanna appenninica era l’abitazione tipica della nostra zona fino al VI sec. a.C.. Era costruita con legno, argilla e paglia: tutti materiali deperibili. Le dimensioni e la forma sono state dedotte dai buchi dei pali di sostegno, individuati sul terreno e dalla forma delle urne cinerarie, che contenevano le ceneri dei defunti.

 

Dopo aver fatto un giro tra le capanne ci incamminiamo verso l’antico abitato: in mezz’ora ci troviamo in un bosco incantato ricco di licheni e ciclamini lungo l’antica Via Dogana, che collegava Tolfa a Viterbo ricalcando un antico tracciato pre-etrusco.

La prima sosta la facciamo davanti alla sorgente principale dell’abitato: in uno dei testi che ho consultato prima dell’escursione si parlava di cisterne della raccolta dell’acqua e di assenza di sorgenti. Evidentemente avevano avuto problemi ad individuare la fonte: non era possibile per gli Etruschi creare un insediamento di questa entità solo con l’acqua piovana e quella dei fiumi.

Gli insediamenti etruschi hanno infatti tutti dei denominatori comuni: sorgono su un altopiano a forma di fetta di torta con due o più fiumi a difesa, una tagliata di accesso, la necropoli di riferimento e la sorgente.

 

La prima Tomba che visitiamo è quella della Sedia dove all’interno è facile individuare un trono in tufo: Alberto ci racconta dell’abitato e dell’epoca di queste tombe. La spiegazione viene bruscamente interrotta dal passaggio di 50 ciclisti – come hanno tenuto a precisare uno per uno – che da Civitavecchia si dirigono a Viterbo per una gara.

Riprendiamo a salire fino a trovarci davanti all’antico abitato ( denominato il Borgo ): papà mi lascia la parola e francamente le parole stentano ad uscire.

Sono rimasta colpita dalla bellezza di questo luogo e dal totale abbandono e disinteresse. Piano piano le parole cominciano ad affiorare e cerco di far immaginare, a chi mi ascolta, come potevano essere queste abitazioni nel VII sec. a. C.: quello che vediamo ora sono dei blocchi di tufo allineati a delimitare delle aree spesso comunicanti. La parte superiore era realizzata con gli stessi materiali delle capanne, legno argilla e tegole; il sistema delle canalizzazioni serviva in caso di forti piogge e per contrastare l’erosione del tufo. Seguivano sicuramente un piano regolatore…

Ci spostiamo dall’abitato per vedere la strada che conduceva al ponte ( presumibilmente in legno ): i solchi dei carri nel tufo ci confermano il passaggio.

È ormai ora di pranzo, proseguiamo verso i resti del Castello medioevale dei Di Vico dove troviamo un’area ben ombrata adatta alla sosta.

In pochi minuti siamo tutti seduti a mangiare.

Intorno a noi c’è ancora molto da vedere: infatti alle nostre spalle ci sono le mura di difesa della città etrusca, che dovrebbero risalire al IV sec. a. C., poi i resti della piccola cappella di S.Giovenale ( anteriore all’anno 1000 d. C. ) che ha dato il nome all’insediamento.

San Giovenale era il vescovo di Narni ed è qui che probabilmente è stato seppellito. Il nome etrusco non è mai stato individuato, forse si trattava di Cortuosa o Contenebra, due oppidum ( avamposti fortificati ) di Tarquinia, conquistati dai Romani nel 388 a.C.

Durante una della soste il Presidente cerca di spiegare ai nuovi venuti le “ regole del gioco” o come la chiama lui la filosofia del gruppo: è forse più facile frequentare il gruppo per una domenica che raccontarlo. Basta vedere i vecchi soci che aiutano i più piccoli nelle difficoltà o durante il guado, che aspettano i più lenti o i più curiosi, senza parlare dell’ampia offerta di dolci e caffè che vedo distribuire a fine pasto.

Dopo il pranzo ci dirigiamo sulla punta della fetta di torta dove troviamo una vista stupenda sulla Valle del Vesca e l’abitato dell’Acropoli: è molto più lineare e ordinato e risaliva probabilmente al VI sec. a. C.

Rientrando ci fermiamo di nuovo nella piazzetta della Tomba della Sedia, mi allontano con un piccolo gruppo per visitare la tagliata delle Poggette e le tombe a tumulo di Casale Vignale poco distanti. Ne vale veramente la pena: nel buio delle tombe riusciamo ad individuare i letti funebri maschili e femminili.

 

I letti femminili erano scavati e con un’alzata triangolare; quelli maschili invece avevano lateralmente le gambe “ a pilastro “ e il cuscino scolpito.

Il tumulo poco distante, che abbiamo trovato pieno d’acqua, aveva il dromos ( corridoio di entrata ) di forma completamente diverso, di influenza forse ellenica e non possiamo fare a meno di fotografarlo.

Ritornando alla piccola piazzetta noto le scanalature lungo il basamento della tagliata: gli Etruschi erano terrorizzati dalla malaria e cercavano di evitare il ristagno d’acqua; le canalette servivano anche a questo e nei punti dove si fermava l’acqua inserivano delle piccole placche di rame che uccidevano le larve delle zanzare. Un pò come si fa oggi mettendo la monetina da 1 centesimo nei sottovasi!

Il gruppo si ricompone e così ci dirigiamo verso il Vesca per guadarlo: è una delle certezze delle nostre escursioni il guado e i 7 chilometri…

Rimango in attesa che tutti passino per scattare una splendida foto di gruppo – anche se parziale – e questo mi costa gli schizzi di tutti al mio passaggio!

Cosa si deve fare per una foto!

 

Ci attende sull’altra sponda un bosco ben ombrato che è un vero godimento, visti i 30 gradi scarsi del primo pomeriggio: i raggi di sole filtrano attraverso i rami ed è pieno di ciclamini e piccoli funghetti. All’uscita del bosco troviamo un fontanile che, oltre ad essere utilizzato per riempire le bottiglie d’acqua, ci permette di schizzarci davanti allo sguardo perplesso dei più giovani!

Per fortuna siamo tutti un pò umidi visto che dobbiamo percorrere una strada assolata per circa mezz’ora per poi raggiungere – finalmente – il parcheggio di Antiquitates.

Il gruppo a questo punto si divide, una ventina si fermano a cena e gli altri rientrano in città.

 

Qualche chiacchiera rilassante e i commenti sulla giornata appena trascorsa si concludono davanti ad una cena di stampo etrusco, mescolando vino e risate.

Nel viaggio di ritorno, mi ritrovo a pensare all’oroscopo della mattina.

In effetti aveva ragione. Ho meditato molto di più di quanto pensassi ed il luogo era veramente speciale. Va a credere agli oroscopi!

                                                                                                                  Claudia Tisselli

 
 
  qui potete curiosare tra le foto di Roberto e Claudia   

 
  
SAN GIOVENALE di R. ROSSI verifica 15.09.2010
S.GIOVENALE 03.10.2010 FOTO CLAUDIA
S.GIOVENALE R.ROSSI 3.10.2010

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Shadia ha detto:

    Ciao Claudia,
    professionalità, volontà, passione, sorriso, allegria, sono gli ingredienti per un bellissimo sito da Te creato e sviluppato con il prezioso aiuto di tuo padre.
    devo farti i miei più sinceri complimenti, da poco ho terminato di leggere tutto sulla vostra uscita a , SAN GIOVENALE hai catturato la mia attenzione, ho letto tutto con molta attenzione, complimenti per l’aspetto foto, i commenti molto curati, dettagliati e simpatici.
    Mi piacerebbe molto partecipare, faro in modo di esserci nell’immediato futuro.
    un caro saluto alla “redazione Castellina” cioè al tuo papà.
    baci baci
    Bravaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
    Shadia

    "Mi piace"

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